I diversi modi di raccontare una partita di calcio a confronto presso la Sala delle Colonne. A descrivere il compito, fortunato o meno, di un giornalista sportivo, ospiti del calibro di Marco Civoli (Raisport), Maurizio Compagnoni (Skysport), Giuseppe De Bellis (Il Giornale), Pierluigi Pardo (Mediaset), Alfredo Provenzali (Radiorai Tutto il calcio minuto per minuto), e il mediatore Luca Pisinicca (Raisport). Le loro voci si sono incrociate nel difficile compito di spiegare quant’è difficile fare il telecronista, il radiocronista, o addirittura scrivere di calcio e raccontare una partita ad un pubblico che probabilmente ha già seguito l’incontro. La parola viene immediatamente data ad Alfredo Provenzali, che si definisce un uomo fortunato. Già, perché lui non solo fa la cronaca della partita, ma guida gli ascoltatori con la sua voce, crea delle immagini nelle loro teste e racconta quello che sta succedendo in campo, riuscendo a trasmettere le sue emozioni. Non nasconde che il bello dell’essere un cronista radiofonico è proprio il sapere che ognuno dei suoi ascoltatori, mentre lui si agita dietro al microfono per descrivere un goal, starà vedendo e vivendo una partita completamente diversa dagli altri. Provenzali si lancia poi in una critica al linguaggio calcistico, ricordando come cinquant’anni fa, un giornalista della carta stampata, dovendo raccontare un palo, scrisse: “il cuoio beffardo si stampò sul legno maligno”. Oggi, per interpretare alcune radiocronache, bisogna invece essere scienziati e matematici: si parla di baricentro e di schemi numerici, dimenticandosi totalmente dell’italiano e coniando frasi fatte e ripetute all’infinito come “convergere al centro” o “prospettive future”. E improvvisamente accenna un sorriso quando fa riferimento alla parola eurogol, e fa presente: “penso a un povero signore, la perla nera, Pelé, che poverino non ha mai segnato un eurogol”.
Maurizio Compagnoni invece, racconta come anche dopo un sacco di partite raccontate a milioni di telespettatori, l’entusiasmo sia fondamentale per fare un buon lavoro. Non va mai dimenticato nemmeno l’equilibrio, perché, ricorda, “in Italia si può scherzare su qualsiasi cosa, ma non sul calcio”. Secondo il giornalista di Skysport, è cambiato il modo di comunicare e c’è bisogno di un linguaggio più veloce e incalzante, proprio di un pubblico più competente. Inoltre il telecronista è tenuto a sapere tutta una serie di notizie che andranno a riempire i momenti morti della partita, se mai ce ne dovessero essere.
Ancora, Giuseppe De Bellis (Il Giornale), racconta come sia difficile riuscire a trovare una chiave di lettura per ogni partita. Chi legge un articolo di calcio non ha bisogno di sapere il risultato dell’incontro o la descrizione dei goal, perché nella maggioranza dei casi avrà assistito ai novanta minuti di gioco in diretta. La cosa fondamentale è trovare un elemento che interessi anche il pubblico che è già a conoscenza del risultato, che dia nuovi spunti di riflessione in vista delle prossime partite di campionato, che riesca a dare quel qualcosa in più, quell’approfondimento proprio della carta stampata.
A conclusione dell’incontro, Maurizio Compagnoni e Pierluigi Pardo si sono lanciati in una finta telecronaca di alcuni minuti della finale dei mondiali 2010, Olanda-Spagna, entusiasmando il pubblico, coinvolgendolo e trasmettendo emozioni come se si trattasse di una diretta.
Annalisa Palumbo