Il giornalista del quotidiano russo “Kommersant”, Oleg Kashin, 30 anni, che lo scorso 6 novembre era stato vittima di un violento attacco a colpi di sprangate nei pressi della sua abitazione, nella via Pjatnizkaja di Mosca, a seguito del quale era caduto in coma farmacologico, ha ripreso conoscenza. Era stato ricoverato d’urgenza in ospedale con fratture plurime alle gambe e alla mandibola, oltre che numerose lesioni interne e le sue condizioni erano davvero precarie. Ora però il rapporto medico spiega che “Oleg è cosciente da poco più di 24 ore, ma non può ancora parlare perché si trova ancora attaccato al macchinario per la ventilazione artificiale e quindi non è ancora in grado di respirare da solo”. Nonostante ciò si può dire che non è più considerato in pericolo di vita. Il presidente Medvedev assicura che sarà fatta luce e che nulla resterà impunito. Il Cremlino ha incaricato il ministro dell’interno Rashid Nurgaliev e il procuratore generale Yuri Chaika di seguire in maniera speciale l’inchiesta per risolvere questo crimine. Oleg Kashin si era occupato anche della foresta di Khimki, difesa dagli ambientalisti che si oppongono alla costruzione dell’autostrada Mosca-San Pietroburgo. Il bosco per il momento è salvo grazie alla sospensione del progetto imposta da Medvedev, ma la vicenda è risultata essere pericolosa per i giornalisti che se ne sono occupati. Intanto, in piazza Pushkin, si è svolta una manifestazione a sostegno di Kashin, e dei giornalisti che vengono aggrediti a causa del loro lavoro: soltanto quest’anno infatti, i cronisti uccisi in Russia sono stati nove. Fino a un mese fa manifestazioni come questa erano proibite, i partecipanti malmenati e trattenuti dalla polizia. Il nuovo sindaco, Serghej Sobjanin, ha invece autorizzato le dimostrazioni: si sono radunate 400 persone e nessuna milizia è intervenuta. Nei cartelli che giravano si potevano leggere frasi come “Chi ha picchiato Oleg Kashin?”. Erano presenti colleghi di Kashin a Kommersant, attivisti dell’opposizione, difensori dei diritti umani come Lev Ponomarev. Quello che si chiede è giustizia: devono essere interrogate le persone coinvolte in un modo o nell’altro nelle inchieste giornalistiche di Kashin, per far luce su questa aggressione. Il quotidiano Kommersant ha pubblicato un appello al presidente Medvedev nel nome della libertà di stampa e dei troppi crimini contro giornalisti mai risolti in Russia, a cominciare dall’assassinio di Anna Politkovskaya, avvenuto quattro anni fa. Purtroppo la storia di Oleg non è un caso isolato. Nel settembre scorso Elena Kostyuchenko, della Novaya Gazeta – il giornale della Politkovskaja – e Yury Timofeyev, di Radio Liberty, sono stati arrestati e pestati dalla polizia. Ad Elena è stata poi riscontrata una distrazione delle vertebre cervicali. Il 13 novembre di due anni fa, Mikhail Beketov, direttore del giornale locale Khimkinskaya Pravda, è stato pestato davanti casa da sconosciuti e lasciato per morto. Dopo un lungo periodo in coma, Beketov si è ripreso ma ha subito l’amputazione di una gamba e di diverse dita. Non c’è da meravigliarsi se l’International Press Institute mette la Russia al quinto posto tra i paesi più pericolosi al mondo, dopo Iraq, Filippine, Colombia e Messico.
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