A tre anni e mezzo di distanza dalla sua morte, Anna Politkovskaja è ancora oggi il simbolo della censura violenta che vige in Russia. Ma chi ha ucciso Anna Politkovskaja? “E’ stata vittima del regime politico che vige in Russia”, afferma senza mezzi termini il vice direttore di Novaja Gazeta, il giornale della reporter uccisa, Vitaly Yaroshevski, intervenuto questo pomeriggio a Perugia al Festival internazionale di Giornalismo in un incontro organizzato dall’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia. Alla conferenza, moderata da Marcello Greco (Tg3), hanno partecipato anche i giornalisti Lidia Yusupova e Andrea Riscassi (Tgr Rai).
“In Russia – spiega Yaroshevski – il regime ha costruito un muro grazie alla propaganda ufficiale con l’obiettivo di far saltare il collegamento tra società civile e potere. Ciò rende indifferente la maggior parte dei cittadini russi che non reagisce alle evidenti e continue limitazioni della libertà di stampa nel paese”.
Sul giallo della morte della collega, Yaroshevski ribadisce: “Anna è stata uccisa da ignoti sicari e non si sa ancora chi siano i mandanti del suo assassinio. E come avviene nell’80 per cento dei casi di omicidio di giornalisti, temiamo che la verità sulla sua morte difficilmente verrà a galla. Per il governo Anna ha portato più danno con la sua morte che con il suo lavoro”.
Nella Russia post sovietica sono stati oltre 70 i giornalisti uccisi. Diciannove solo negli ultimi dieci anni, dal 2000 al 2009. Sei erano giornalisti che lavoravano per Novaja Gazeta. Numeri impressionanti che collocano questo paese al terzo posto nell’elenco dei paesi più sanguinosi per i giornalisti dietro a Iraq e Algeria.
“La Russia è un paese che non vuole riflettere. Il 75 per cento dei russi si informa solo attraverso la tv – spiega il vice direttore di Novaja Gazeta – e quasi tutti i canali televisivi sono sotto il controllo diretto o indiretto del Cremlino. Tra i giornalisti non c’è unione, la gran parte lavora per il governo. Dunque non c’è comunicazione, il potere non sa come vive la società, e la società non può sapere come vive il potere. E l’unico spazio di informazione libero rimane internet”.
Davanti alla platea piena di ragazzi e giovani giornalisti, Yaroshevski si commuove quando ricorda il giorno in cui ha appreso che Anna Politkovskaja era stata uccisa. “A volte mi chiedono: come riesci ancora a fare questo mestiere dopo che i tuoi colleghi sono stati uccisi, uno dopo l’altro? Nel nostro giornale nessun giornalista si è licenziato, anche se chiaramente lo shock c’è stato. Quello che viviamo è simile a uno stato di guerra. Credo che non sia possibile svegliarsi la mattina, lavarsi, bere il caffè, e avere paura. Andare a letto, dormire e avere paura. Nessuno ha tempo di avere paura. In Russia, molti giornalisti si autocensurano, anticipano i desideri del Cremlino, ma i giornalisti coraggiosi esistono, anzi sono tantissimi i giovani che chiedono di collaborare con noi”.
Cosa può fare la stampa estera per aiutare i giornalisti russi, Vitaly Yaroshevski lo spiega al termine del suo intervento. “A voi giornalisti italiani chiedo di fare domande ai politici russi su chi ha ucciso Anna Politkovskaja e gli altri reporter assassinati in questi anni e di pretendere che in Russia si rispetti la libertà di stampa. Perché questo – conclude – indebolisce la loro immagine internazionale, la sola cosa alla quale tengono molto”.
Laura Sansavini