Geppino Fiorenza è referente regionale di Libera per la regione Campania e presidente onorario dell’ Associazione Giancarlo Siani. In occasione del 25esimo anniversario della morte del giornalista campano, gli abbiamo chiesto innanzitutto come è nata l’idea di fondare un’associazione a lui dedicata.
“L’associazione è nata nel 1986, a meno di un anno dalla morte di Giancarlo, da un’idea di Paolo Siani, il fratello, ed è stata una delle entità che hanno contribuito a gettare le fondamenta per la nascita di Libera, l’organizzazione contro le mafie. L’Associazione Giancarlo Siani è un baluardo nel contrasto alla sub-cultura delle mafie. L’obiettivo, assieme anche al premio giornalistico intitolato a Giancarlo, è quello di ricordare non solo lui, ma tutti gli 11 giornalisti italiani uccisi da mafia, camorra e terrorismo. La manifestazione del 23 settembre si intitola infatti ‘Non solo per Giancarlo’. Inoltre abbiamo cercato di dare maggiore visibilità a quello che è stato denominato il ‘metodo Siani’, cioè quello di fare informazione costruendo una notizia dopo l’altra, parlando con persone su persone, come per ricostruire un complesso mosaico tassello per tassello”.
La storia di Giancarlo ha insegnato qualcosa di concreto? Cosa è veramente cambiato in questi 25 anni?
“Di diverso oggi ci sono un’attenzione e una sensibilità maggiore alla piaga dei giornalisti minacciati. Nel giornalismo moderno esiste una parte del mondo dell’informazione omologata e ripetitiva, ma anche chi, come faceva Siani, va controcorrente e fa inchieste. Rispetto a 25 anni fa esistono molti più strumenti per approfondire gli argomenti, anche senza alzarsi dalla scrivania, mentre negli anni ’80 si poteva solo andare sul marciapiede, parlare con la gente e spulciare gli archivi. Indipendentemente da questo, Giancarlo è diventato un simbolo di questo giornalismo di approfondimento, faticoso ma gratificante. D’altronde è cambiata anche la pervasività della criminalità nel mondo dell’informazione. In occasione dell’appuntamento del 23 settembre con la settima ’edizione del Premio giornalistico Siani (nella sede del Mattino di Napoli, ndr) abbiamo deciso di premiare anche una tesi proprio su questo argomento, intitolata “Il contrasto delle mafie all’informazione”, che rende molto bene l’idea di come non solo il giornalismo cerchi di combattere la mafia, ma viceversa anche la mafia cerchi di imbrigliare la stampa, vista sostanzialmente come uno delle principali minacce ai traffici illeciti”.
Per questo motivo è nato l’osservatorio ‘Ossigeno per l’informazione’ sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate, che proprio nell’anniversario della morte di Siani presenta i dati per il 2010.
“Spesso, salvo rari casi come quello di Roberto Saviano, che tra l’altro vinse il premio giornalistico Siani, il grande pubblico non è a conoscenza delle tante minacce ricevute dai giornalisti, magari locali, costretti a vivere nel terrore semplicemente perché ricercano la verità. E quindi ben vengano questi rapporti che sottolineano il problema. Ma ancor più importante è che queste associazioni, osservatori e organizzazioni insieme contribuiscono a creare una rete su temi delicati, creando collegamenti a livello nazionale e internazionale, che non lasciano i giornalisti isolati. Infatti è il silenzio il primo vero alleato della criminalità organizzata”.
Se dovesse descrivere in una frase Giancarlo Siani?
G.F. “Penso che Fortapasc parli molto bene. Il film di Marco Risi dipinge in maniera perfetta l’idea di questo ragazzo innamorato della vita e del giornalismo. Ho letto montagne di libri sulla storia, ma il film ti lascia dentro qualcosa di particolare. Oggi ci sono molte compagnie teatrali che organizzano spettacoli dedicati a Giancarlo Siani: questo interesse è un successo per la storia di Giancarlo e un fantastico passo contro le mafie”.
Alessandro Gamberi