Nei processi per fatti di sangue ”tutto si gioca ormai sulla lettura della scena del crimine”. E il cosiddetto effetto Csi (dalla serie tv americana sul lavoro degli esperti della scientifica) sta diventando un problema, secondo il criminologo Massimo Picozzi intervenuto a Perugia a un incontro su “Cronaca nera, prima notizia” nell’ambito del Festival del giornalismo.
Lo psichiatra ha fatto riferimento al caso dell’omicidio di Meredith Kercher, ma anche ad altri come Cogne. ”Soprattutto nei processi indiziari – ha detto Picozzi – difesa e accusa si danno battaglia proprio sulla scena del crimine. L’effetto Csi e’ quello per cui le giurie sono piu’ portate a credere all’accusa se porta delle prove scientifiche. Ormai questo discorso vale non solo se chi giudica, chiunque sia, e’ un appassionato di Csi. Ciascuno di noi si fa infatti una sorta di ricostruzione di cio’ che puo’ essere successo e nel corso del processo quello che non torna con essa viene escluso”. Secondo il criminologo ”20 o 30 anni fa tutta la comunita’ scientifica e giurisprudenziale americana era preoccupata dall’effetto Quincy (il medico legale di un telefilm – ndr) che voleva sempre le impronte digitali”. ”Tutto si blocco’ – ha aggiunto – perche’ in ogni processo le volevano. Ora abbiamo il Dna. Gli studi sono comunque abbastanza chiari. In Gran Bretagna dove da tempo usano la banca dati del codice genetico hanno un 20% in piu’ di omicidi risolti”. Per Picozzi il ”futuro non e’ Maigret contro Csi ma uno insieme all’altro”.
L’incontro e’ stato moderato dal giornalista Rai Paolo Poggio. Presenti l’avvocato Caterina Malavenda e i giornalisti Fiorenza Sarzanini, Corriere della sera, Massimo Martinelli, Il Messaggero, e Sabina Castelfranco, Cbs.