Il giornalismo è solo una casta che resiste malamente ai grandi cambiamenti tecnologici e comunicativi degli ultimi anni oppure ha ancora qualche buona carta da giocare?
Secondo quanto è emerso nell’incontro organizzato dall’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia, dal titolo “La Formazione non finisce mai”, l’ultimo jolly si chiama “formazione continua”. A dirlo non solo giornalisti italiani di grande esperienza come Gerardo Greco (conduttore di Agorà ed ex allievo della scuola di Perugia), Sergio Rizzo (Corriere della Sera) e Fausto Bertuccioli (Presidente dell’Asgp), ma anche Steve Doig dell’americana Walter Cronkite Journalism School e Anne Morrison, direttrice della Bbc Accademy.
Il dibattito si è aperto con le domande provocatorie di Bertuccioli: “Insomma come si diventa giornalisti? Come ci si forma e, soprattutto, quando e perché?”.
Se l’ingresso nel mercato del lavoro è sempre più difficile, anche la stessa permanenza nella categoria, in qualità di soggetti capaci di raccontare ciò che accade in modo credibile, ogni giorno è più complicata. La professione – è stato detto durante la tavola rotonda – cambia non di anno in anno ma addirittura di ora in ora. La rete pullula infatti di bloggers, voci anonime e semplici appassionati che spesso riescono a fare la voce grossa e a catalizzare una buona fetta dell’opinione pubblica.
Sergio Rizzo spiega: “abbiamo dato al mondo esempi meravigliosi di giornalismo ma anche molto negativi, siamo stati a lungo tempo una casta incapace di rinnovarsi e aprirsi. Troppo legata al potere politico”.
Il dibattito sul ruolo delle scuole di giornalismo è centrale. Ad oggi infatti sembra l’unico modello vincente. Così Steve Doig della Cronkite Journalism School: “Il modello di scuola di giornalismo americana è molto simile all’accademia dell’esercito. Una vera full-immersion dove si chiede ai ragazzi non solo di studiare, ma anche di realizzare prodotti degni di essere piazzati sul mercato”. “Il mondo è cambiato -ha detto ironica Anne Morrison della Bbc Accademy – anche se qualcuno non sembra accorgersene. Noi giornalisti dobbiamo anticipare i cambiamenti, non corrergli dietro”.
Nicola Mechelli