Le proteste di Euro Maidan, la fuga di Yanukovich, la Crimea e ora le tensioni nell’est nel paese: da mesi l’Ucraina è al centro dell’attenzione mediatica mondiale. Il lavoro dei giornalisti, ucraini e stranieri, sul territorio non sempre è facile ed inevitabilmente si corre il rischio di dare una copertura parziale o distorta di quanto accade sul campo.
Si è discusso di tutto questo al Festival del giornalismo di Perugia durante il panel “Ucraina: reporter in trincea” organizzato dall’Associazione giornalisti Scuola di Perugia (AGSP). All’incontro, moderato da Marcello Greco (Segretario AGSP e giornalista del Tg3), hanno preso parte Anna Babinets, Lucia Goracci, Mustafa Nayem e Olga Tokariuk.

Un Paese prigioniero della sua storia – L’Ucraina è un paese difficile da narrare e i recenti scontri nell’est del paese di certo non aiutano. Molti, infatti, si chiedono se l’Ucraina non sia sull’orlo di una guerra civile. Secondo Lucia Goracci, inviata di RaiNews24, “l’Ucraina sconta la sua geografia, condannata dalla sua condizione geopolitica di ponte tra Russia ed Europa. È un paese che è ancora perseguitato dai fantasmi del suo passato”. Eppure, “è anche un paese che ha fatto la sua scelta e ha scelto la democrazia”.

Giornalisti e cittadini – Mustafa Nayem, giornalista ucraino e co-fondatore della web tv indipendente Hromadske.TV, ha raccontato le proteste di piazza Maidan sin dalle prime ore. “All’inizio in piazza c’erano solo giovani e giornalisti. In molti hanno dipinto la protesta come un conflitto tra governo e opposizione, ma non era assolutamente vero. Maidan non è stata la protesta dei politici. Al massimo si può parlare di un conflitto tra due generazioni, quella delle persone nate all’epoca dell’Unione sovietica e quelle nate negli anni duemila”. Due punti di vista diversi, che però, come sottolinea Nayem, convivono in un’unica nazione. E ai tempi di Maidan per i giornalisti era anche più semplice fare il proprio lavoro, racconta Olga Tokariuk, giornalista freelance. “All’inizio non c’erano incidenti, anzi le persone volevano raccontare e raccontarsi. Da quando è iniziata la repressione del governo, però, la situazione è cambiata. Non importava da che parte stavi, il giornalismo in generale veniva preso di mira”. La stessa cosa sta accadendo adesso nell’est del paese.

Il lavoro dei media occidentali – Alcuni aspetti della vicenda ucraina sono particolarmente complessi da comprendere fino in fondo e raccontare ad un pubblico che vive a migliaia di chilometri di distanza, primo tra tutti la presenza di elementi di estrema destra. Secondo Tokariuk, la loro importanza è stata esagerata e in parte lo si deve alla copertura episodica fornita dai media stranieri. “Inevitabilmente gli scontri attirano un’attenzione maggiore, ma dando rilevanza agli episodi di conflitto si finisce con il lasciare dei buchi che rendono difficile per il pubblico capire cosa sta effettivamente accadendo nel paese. Chi è lontano non comprende che tra un episodio violento e l’altro esiste un movimento pacifico”.

E i nuovi modelli per raccontare l’Ucraina – Il bisogno di un’informazione indipendente sul territorio, per reagire al flusso costante di propaganda russa e per far sentire la voce dei giornalisti e dei cittadini ucraini che stenta ad avere un’eco all’estero, ha portato alla nascita di nuovi strumenti. Un esempio è la web tv Hromadske.TV, che è il primo mezzo d’informazione ucraino a essere finanziato dagli spettatori e non dai soliti politici e oligarchi. Senza dimenticare lo straordinario lavoro investigativo dei volontari e dei giornalisti di Yanukovich Leaks, che grazie ai documenti recuperati nella residenza dell’ex presidente sono riusciti a ricostruire l’impero della corruzione messo in piedi da Yanukovich prima della sua fuga dal paese.

Caterina Villa