Esordio in gran stile dell’Associazione Giornalisti di Perugia al convegno “L’informazione al lavoro tra Tv e nuovi media” che si è svolto il 20 dicembre scorso alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma.
La sessione mattutina
Il convegno moderato, durante la mattinata, dal direttore di Rai News 24 Roberto Morrione, ha visto, fra gli altri, gli interventi di Vincenzo Vita, assessore alle Politiche culturali della Provincia di Roma, del curatore del convegno, Antonio Medici, oltre al vicedirettore della Testata Servizi Parlamentari Rai, Roberto Amen.
In particolare, Amen si è soffermato sul giornalismo tematico e ovviamente sul giornalismo politico, evidenziando come troppo spesso l’informazione politico-parlamentare descriva poco i provvedimenti e le novità legislative, riprendendo solo i commenti e le dichiarazioni dei politici. In tema di formazione, Amen ricorda poi di aver vinto lui stesso un concorso per entrare in Rai nel ’79, quindi “di non potere non essere d’accordo alle selezioni e all’accesso attraverso le scuole di giornalismo, che producono ottimi professionisti, come ho potuto constatare personalmente in tanti anni”. E, aggiunge “non sembri una sviolinata ma davvero la Scuola di Perugia si distingue per la sua specializzazione nel giornalismo radio-televisivo”.
La sessione pomeridiana
Dopo una pausa, i lavori – dedicati ai “modelli di giornalismo – si sono riaperti con la proiezione di un filmato realizzato dagli studenti di Scienze della comunicazione che hanno immaginato davanti alla telecamera il proprio futuro, raccontando i loro desideri sulla propria vita professionale fra 10 anni. Molti si vedono produttori televisivi, autori o sceneggiatori, una studentessa immagina di essere capoufficio stampa del CNR e giornalista scientifico. Roseo il futuro negli occhi degli studenti di oggi, abbastanza ottimistici i dati di uno studio presentato da una ricercatrice della facoltà, Barbara Mazza, secondo cui il 22 per cento dei laureati in Scienze della Comunicazione avrebbe un’occupazione stabile, il 58 per cento lavorerebbe sempre nell’ambito della comunicazione ma con contratti a tempo determinato di varia tipologia.
Rispetto a questi dati si sono fatte sentire le voci di molti studenti e laureandi, che vivendo in prima persona le difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro hanno avuto molto da ridire: “Lavoriamo sì, ma magari nei call center, questa sarebbe la ‘comunicazione’”, hanno provocatoriamente affermato in molti.
L’intervento del segretario della FNSI
L’intervento del segretario generale della FNSI,Paolo Serventi Longhi, non ha dato grandi speranze alle aspirazioni dei giovani studenti che intendono intraprendere la carriera giornalistica. Secondo Serventi, in Italia sono circa 11.500 i giornalisti dipendenti, 19mila gli iscritti alla gestione separata dell’Inpgi, ma sarebbero molti di più almeno 30-35mila i giornalisti collaboratori o professionali attivi, che in qualche modo eludono l’obbligo di iscrizione al fondo, forse perché troppo spesso sono pagati pochissimo o per nulla.
“Siamo di fronte a una realtà di grande difficoltà”, ha detto il segretario della FNSI commentando il filmato degli studenti, “con i vecchi e i nuovi media bloccati, e una sempre crescente precarizzazione del nostro lavoro. Il precario è in redazione, ha le password e il computer, in violazione delle leggi esistenti”. Poi un passaggio interessante sulla possibile svolta nell’accesso della professione, auspicata da Serventi, che dice: “Credo nel ruolo dell’Università e nel suo ruolo di qualificazione del giornalismo, il rapporto giornalismo-accademia è importante, credo in una stretta e doverosa collaborazione fra Ministero dell’Istruzione e dell’Università, Università stessa e Ordine per arrivare a un percorso unitario di accesso alla professione”. Ma il segretario aggiunge che a suo parere “l’Ordine è in grave ritardo, credo che lo siano anche il Governo e il Parlamento, ma ritengo che sia urgente e necessario un sistema alternativo a quello attuale, è allucinante che le Istituzioni non si rendano conto che con l’attuale legislazione del lavoro andiamo incontro alla totale deregulation”.
Segretario, ma i direttori e gli editori possono digerire una riforma radicale del percorso di accesso alla professione?, gli chiediamo. “No”, sospira Serventi, “su questa battaglia il giornalismo è solo, la situazione sta peggiorando, non andiamo verso un chiarimento”, conclude.
La relazione di Roberto Natale, Usigrai
A seguire l’intervento di un altro segretario, questa volta quello Usigrai, Roberto Natale, che ha ricordato come la Rai stia rinunciando alle sue prerogative addirittura delegando alla magistratura la politica del personale: per la prima volta da 10 anni a questa parte, il numero dei reintegri decisi dal tribunale sta per sorpassare quello delle normali assunzioni, afferma Natale. Che ha parlato anche con rammarico della Scuola di Perugia: “E’ schizofrenico l’investimento della Rai nella formazione nella Scuola di Perugia che mette lì cospicui capitali per una formazione di buon, ottimo livello e poi non li fa fruttare. Siamo arrivati al VII biennio, la Rai ha contribuito a formare circa 150 giornalisti ma l’interesse per queste risorse va scemando col passare degli anni, siamo al paradosso di un’azienda che non valorizza le professionalità, le lascia precarie”.
Il segretario Usigrai prosegue poi osservando che la precarizzazione del lavoro, e dunque la maggiore ricattabilità del precario, influisce negativamente anche sul lavoro di chi è garantito. “C’è un uso distorto e ‘politico’ dei giornalisti a tempo determinato, con conseguenze serie anche di tipo psicologico”, prosegue Natale, “anche quando il rapporto di lavoro si stabilizza si rischia da parte degli ex precari di lungo corso di avere un atteggiamento rancoroso, di chi deve essere risarcito di un torto subito. E questo certo nongiova al clima nelle redazioni”.
L’intervento del segretario di AssoPerugia, Di Trapani
Al discorso di Natale si riallaccia quello del segretario dell’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia, Vittorio Di Trapani. “Fermare la tendenza alla precarizzazione del lavoro è senza dubbio compito del sindacato. Una importante sfida lo attende da qui a qualche mese quando si dovrà rinnovare il contratto nazionale di lavoro. E’ in quella occasione che si potranno fissare i paletti di demarcazione tra flessibilità e precariato, che rende tutti i giornalisti più ricattabili e dunque meno liberi. Altro che autonomia e libertà d’informazione”, ha detto il segretario di Assoperugia.
Tra i pericoli che incombono sul giornalismo c’è poi anche qualche pesante eredità. Infatti, il sistema che ancora oggi regola l’accesso alla professione porta con sé un forte rischio: la decisione su chi può e chi non può diventare giornalista è affidata agli editori e ai direttori che danno il praticantato. Un sistema che quando fu ideato aveva le sue ragioni, un sistema che ha funzionato per molti anni, ma che oggi presenta evidenti crepe.
“Per questo l’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia, che qui rappresento in qualità di segretario, e che al momento conta sull’80 per cento degli ex allievi della Scuola di giornalismo radiotelevisivo, sostiene con forza il progetto di riforma presentato dall’Ordine dei Giornalisti, e in discussione con il Ministero dell’Università, che propone come via unica di accesso le università e le scuole di giornalismo”, ha continuato Di Trapani. “Insomma strada nuova, ma ormai ampiamente sperimentata, che prevede un percorso trasparente di selezione: un regolare concorso pubblico nazionale che consente di accedere al praticantato e quindi all’esame di Stato per diventare professionisti”.
“Solo così si può eliminare il rischio di condizionamento derivante da una selezione fatta forse troppo arbitrariamente da direttori e editori”, ha aggiunto Di Trapani. Solo così – a nostro parere – si può contare su giornalisti preparati e duttili abbastanza per seguire i costante e rapidi cambiamenti del nostro lavoro.
Ma le Scuole sono decisive anche per accrescere la sensibilità alla deontologia della categoria, tema oggi più che mai di attualità dopo le raccomandazioni di qualche giorno fa del Capo dello Stato sul ruolo di cui il servizio pubblico deve riappropriarsi. Deontologia, appunto, il cardine della nostra professione, a maggior ragione in Rai.
E quindi, con la riforma dell’accesso alla professione, un primo obiettivo sarebbe raggiunto: più trasparenza, più indipendenza, più garanzie per il pubblico di avere giornalisti preparati culturalmente, professionalmente, ma anche tecnicamente a gestire consapevolmente la moltitudine di mezzi e strumenti di lavoro che oggi il nuovo mercato editoriale offre.
Gabriella Lepre