Se non fosse diventato giornalista, avrebbe fatto il calciatore. Ammira Minoli, Ferrara, Lerner, Santoro, Costanzo, Biagi e Lucarelli ma non disdegna i reality. Romano, dottore in Scienze Politiche, inviato di Radio Rai a New York in occasione dell’11 settembre. Meno di quarant’anni e già alla quinta edizione del programma più seguito della terza rete Rai, azienda dove è ‘mediamente ben visto’. Studia con meticoloso impegno e si prepara tutta la settimana per le puntate del martedì, chiedendosi perché mai il pubblico dovrebbe preferire la sua Ballarò a una fiction.
Giovanni Floris a Perugia ha svolto il praticantato presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo e a Perugia è tornato stamani alla Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, ospite della prima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, che in questi giorni ha portato nel capoluogo umbro i grandi nomi del mondo della comunicazione.
‘L’informazione politica in televisione’, questo il titolo dell’incontro coordinato da Anna Piras, vice presidente dell’Associazione Scuola Giornalisti di Perugia, è stato seguito da un acceso dibattito, durante il quale Floris ha avuto modo di raccontare la sua personale esperienza, dando testimonianza ai molti giovani presenti in sala di un percorso professionale non sempre lineare.
‘Il mio – ha dichiarato il conduttore – è un approccio estremamente razionale al mondo dell’informazione, Ballarò è prima che trasmissione una fucina di idee ed iniziative concrete. Almeno nelle intenzioni non un talk show, né un dibattito politico fine a se stesso, ma un investimento personale, un confronto diretto tra i protagonisti veri di quell’Italia diversa da come viene spesso raccontata’.
Semplicità e determinazione, contesti asciugati dal protagonismo degli inviati e dagli ammiccamenti della conduzione televisiva, senza commistione tra spettacolo e politica, senza presenze femminili decorative estranee ai contenuti o icone giovanilistiche che ingraziano l’audience del pubblico più giovane. Scenografia asciutta e minimalista, talvolta difficoltà a frenare la sovrapposizione di voci contrarie, nella latente presunzione della buona fede dell’ospite, cercando l’errore e non il trucco nelle teorie che questi porta avanti. La trasparenza politica è nel delicato gioco dei ruoli, così come lo è la consapevolezza della ribalta mediatica, in grado di far emergere anche il lato umano del politico, senza troppe mediazioni.
‘Cerco di fornire una chiave per rendere interessante la politica – continua Floris – anche quando spesso l’attrattiva esula dall’ordine del giorno. Non ci lasciamo condizionare troppo dalla stretta agenda politica, ma proviamo ad intercettare la notizia che il cittadino avverte come più utile in quel momento. Quando la politica parla di se stessa, viene rifiutata. Quando affronta i problemi veri, ricercata. Anche i giovani sono più attratti da una politica che palesa coi fatti la delega di fiducia dei cittadini, non da quella egoista, capricciosa e distaccata che racconta come e perché non riesce a risolvere i problemi. Par condicio? Quella è la toppa, non il buco del problema’.
Discorso attuale, anche a livello locale.