La disinformazione, la percezione del diverso, la paura: un italiano su due (dati Eurobarometro) dichiara disagio all’idea di avere un rom come vicino di casa. Per informare senza pregiudizi, si e’ tenuto a Milano, al circolo della stampa di corso Venezia 48 il seminario “Newsrom“, iniziativa organizzata dall’Associazione giornalisti scuola di Perugia nell’ambito della campagna Dosta promossa dal Consiglio europeo, coordinata e finanziata Dall’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunita’.
Matteo Fornara, direttore della Rappresentanza italiana della Commissione europea a Milano, ha messo in evidenza la situazione di vita dei 10-12 milioni di rom in Europa.” I Rom in Europa vivono in condizioni socioeconomiche notevolmente peggiori di quelle del resto della popolazione – ha detto Fornara -. Un’indagine condotta in sei paesi dell’UE ha rivelato che solo il 42% dei bambini Rom completa la scuola primaria, rispetto a una media europea del 97,5%. Per l’istruzione secondaria, la frequenza dei Rom è stimata ad appena il 10%. Nel mercato del lavoro i Rom presentano tassi di occupazione più bassi e una maggiore discriminazione. Per quanto riguarda la situazione abitativa, spesso non hanno accesso a servizi essenziali come l’acqua corrente o l’elettricità.
Anche dal punto di vista sanitario esiste un divario: la speranza di vita dei Rom è di 10 anni inferiore alla media dell’UE, che è di 76 anni per gli uomini e 82 anni per le donne”. Dunque, un mondo di mondi che vive in costante emergenza, quello dei rom, per cui la Comunità europea studia un’integrazione economica che può portare notevoli vantaggi economici: con un’età media di 25-40 anni i rom rappresentano una notevole percentuale crescente in eta’ lavorativa: secondo la ricerca della banca mondiale – ha concluso Fornara – la completa integrazione dei rom potrebbe portare un beneficio di 0,5 miliardi l’anno all’economia di alcuni paesi”. La Commissione europea ha stanziato tra il 2007 e il 2010 circa 26 miliardi di euro per le politiche di integrazione delle minoranze, in parte dedicati anche ai rom. Per le abitazioni dei rom sono a disposizione 16 miliardi di euro di fondi europei. Ad aprile la commissione europea ha stabilito che ogni paese dovrà presentare un piano di integrazione dei rom, l’Italia dovra’ farlo entro il 2011. L’Italia – ha detto Fornara- non e’ tra i paesi che si impegna maggiormente nelle politiche di integrazione. Serve fare di più”.
Una convivenza difficile, quella tra Rom e Italiani, anche dovuta alla disinformazione che spesso risponde a esigenze di mercato, ha detto Paolo Foschini del Corriere della Sera: “la paura si vende meglio, e’ facile da raccontare perché chi legge i giornali, purtroppo, non sono i rom, ma coloro che li vorrebbero cacciare: negli archivi dei giornali negli ultimi anni le parole contro e scontro sono molto piu’ frequenti nei titoli e nei pezzi rispetto a 25 anni fa”. Durante la campagna elettorale anche il dibattito politico sfrutta in qualche modo questi temi delicati: ” la destra e’ più facilitata a creare slogan per allontanare i rom da Milano, rispetto alla sinistra che per argomentare le sue ragioni di accoglienza, ha bisogno di maggiore tempo e riflessione”. Una difficoltà che si ripercuote sui meccanismi di informazione, portati a creare titoli ad effetto.
Testimonianza schietta, eppure toccante, di Alberto Giannoni, de Il Giornale: ricordo emozioni fortissime quando gli sgomberati di Rubattino si rifugiarono nella chiesa di sant’Ignazio, zona Feltre- ha riferito Giannoni – tra la paura, lo sgomento, certo, la diffidenza e a volte il pregiudizio: ma serve stabilire le responsabilità e attribuire delle colpe? E alla fine concludo che l’unica distinzione e’ solo tra chi fa bene o male il suo lavoro: restano solo le azioni buone o cattive, cioè quelle che vanno verso una soluzione o quelle che la allontanano”. Il vero pericolo e’ la semplificazione: la realta’, dice Giannoni e’ anche quella di chi vive dinanzi ai campi con il filo spinato. E in questo ragionamento, conclude, una realtà complessa può esser capita come dice don Colmegna, solo da chi sta nel mezzo alle cose: a loro, a circa il 60% di rom e sinti che ha meno di 18 anni, e’ affidata la speranza”.
La chiusura del campo milanese di Triboniano e la consegna delle case a 40 famiglie rom al centro dell’intervento di don Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della carità :- ” la radicalizzazione e’ voluta perche’ fa piu’ notizia ma non risolve i problemi: fare mediazione sociale e’ difficile, bisogna superare il concetto di campi ma non per mandarli via”. Il dato importante e’ che i rom hanno fatto domanda di abitare nelle case: il primo che ha ottenuto la casa l’ha trovata occupata un uomo con 5 figli”. Quando abbiamo lanciato il patto di socialita’ voleva dire anticipare la logica di rifiuto e stare nel mezzo per trovare soluzioni. Il valore aggiunto della chiusura di Triboniano – ha detto don Colmegna – e’ che si puo’ affrontare il problema senza la logica dello sgombero: il rischio era di consegnare questa vittoria alla logica degli sgomberi. 40 persone oggi abitano nelle case, date a noi per mediazione sociale…e avendo questo possono cercare lavoro…altri 40 sono tornati in Romania, ma con un progetto di rientro che avesse le sue gambe per funzionare: il sindaco della cittadina rumena dove sono tornate 40 famiglie e’ venuto qui e li conosce tutti. “La mediazione sociale e’ l’elemento fondamentale”. L’etnicizzazione e’ l’istituzionalizzazione della diversità: i rom sono al 50-60% italiani- ha concluso don Virginio Colmegna.
E proprio in tema di integrazione positiva e’ intervenuta Federica Federici, del collettivo “mamme e maestre di via Rubattino”, un gruppo che si e’ spontaneamente formato per sostenere l’inserimento a scuola di 40 bambini dell’ex campo irregolare di Rubattino (costretti a un carosello di sgomberi). Federici ha illustrato il progetto vino Rom: le mamme e le maestre del quartiere Feltre insieme alla comunità di Sant’Egidio e InterGas a marzo 2010 hanno iniziato a finanziare borse di studio e borse lavoro utilizzando i proventi delle donazioni per l’acquisto di tre vini rossi toscani, Sangiovese, Merlot e Blend (donati dall’associazione di volontariato Fuorimercato). Da marzo ad aprile 2010 con gli incassi sono stati finanziati tre contratti a progetto di tre mesi per due mamme e un papa’ rom. L’integrazione, il lavoro e la scuola come alternativa agli sgomberi!”.
Tonino Curagi e Anna Gorio, registi e documentaristi, hanno presentato “Via San Dionigi, 93”: documentario di 75 minuti datato 2007. “Abbiamo seguito per due anni e mezzo, aiutati dagli educatori della casa della carità di don Colmegna e dell’associazione Nocetum, la vita della comunità di un campo irregolare nella periferia sud est di Milano – ha spiegato Anna Gorio: -. La vita quotidiana, i riti, le feste, le assemblee e le relazioni con gli operatori sociali, ma anche i tentativi di integrarsi nel lavoro di 150 rom rumeni di un campo abusivo”. Abbiamo fatto amicizia nel campo: abbiamo spiegato che non volevamo entrare nello zoo, ma restituire loro la dignita’. Un racconto reale, un cinema di osservazione, senza compiacimento, per restituire una immagine vera – spiega Curagi – di vita lontana dallo stereotipo dello zingaro, ma che racconta l’empatia tra i documentaristi e gli abitanti del campo.
Leonardo Piasere, docente di discipline Demoantropologiche all’Università di Verona, ha aperto la sessione pomeridiana dell’incontro occupandosi delle leggende metropolitane che esistono da centinaia di anni e che vedono protagonisti i rom. Per esempio quella del rapimento dei bambini e il codice segreto dei rom per derubare le casee, non evidenziate da nessuna prova scientifica. “I media aiutano molto a costruire gli stereotipi ma e’ bene – avverte Piasere – che i media siano costruiti anche da chi scrive e chi legge: ho l’impressione che tante cose che troviamo nel senso comune vengano aiutate a crescere anche dai media. Se i media sono importanti per i problemi della democrazia monoculturale, la domanda e’ come sia possibile informare nei paesi in cui c’è convivenza tra culture?”.
E’ poi intervenuto Pino Petruzzelli, attore e regista itinerante. Qual e’ la radice del pregiudizio si è chiesto? “E’ fare meno fatica, in quanto ci soffermiamo perché così ci rifugiamo nelle nostre piccole sicurezze. L’uso delle parole ad esempio. Una parola mi inquieta molto: il problema zingari. Si deve parlare del problema che hanno gli zingari”.
Da Lorenzo Guadagnucci, giornalista del Quotidiano Nazionale è stato lanciato un appello ai media: “rispettate il popolo rom, chi lavora nell’informazione deve evitare l’uso di alcune parole ormai divenute tossiche, come clandestino, nomade, zingaro, vu cumprà, extracomunitario”. “E’ nato così – ha ricordato Guadagnucci – il gruppo di Giornalisti contro il razzismo, che dal 2008 promuove riflessioni e iniziative per contribuire al miglioramento della qualità del giornalismo in materia di immigrazione e minoranze”. Guadagnucci ha anche aggiunto che l’uso di un linguaggio improprio ed offensivo nei confronti delle minoranze veicola precisi interessi politici.
Eva Rizzin, di Articolo 3 – Osservatorio sulle Discriminazioni di Mantova ha mostrato attraverso i quotidiani locali lombardi casi di uso improprio e offensivo del linguaggio nei confronti delle minoranze rom e sinti: titoli aggressivi e a volte discriminatori.
Del peso delle parole ha parlato anche Domenico Guarino, scrittore e giornalista di Controradio Firenze, che ha suggerito un percorso attraverso le notizie di cronaca -soprattutto locale- per capire dove nasce il pregiudizio e come si esprime. Alla ricerca delle regole che dovrebbero informare la nostra professione.