Roma – “Non siamo zingari, non siamo nomadi, siamo nomadi, siamo rom. Cioè uomini”. E’ il messaggio del seminario “NewsRom, informare senza pregiudizi”: organizzato ieri a Roma dall’Associazione Giornalisti Scuola di Perugia in collaborazione con l’Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar) del Ministero per le Pari Opportunità. Hanno partecipato all’evento oltre 100 giornalisti, e moltissimi studenti delle scuole di giornalismo di Roma e Perugia.
Una giornata dedicata al mondo rom, vittima di pregiudizi spesso devastanti. “Un contributo per alzare il livello della responsabilità dei media e per capire chi sono, come vivono i circa 150mila Rom presenti in Italia”, ha detto il segretario dell’Agsp, Roberto Chinzari.
Al centro del dibattito la difficoltà d’integrazione di questo popolo e di come la scuola possa essere il primo passo di questo processo di inserimento della comunità Romanì nella società italiana. Si è discusso anche della responsabilità dei giornalisti e della necessità di utilizzare una terminologia corretta e libera da stereotipi nel raccontare i fatti di cronaca come ha sottolineato Roberto Natale, presidente Fnsi, “a tutti noi è richiesto di informare senza pregiudizi”. Il segretario dell’Associazione stampa romana, Paolo Butturini ha rilanciato una proposta fatta già in altre occasioni. “Ci piacerebbe fare un vademecum da dare ai giornalisti del Lazio raccontando chi è il popolo rom. È una di quelle possibili iniziative che servono a ricostruire una cultura dell’informazione”.
“La popolazione Romanì è un mondo nei mondi”, spiega Massimiliano Monanni, direttore generale dell’Unar, l’ Ufficio nazionale antidiscriminazioni: “a differenza dei luoghi comuni e del pregiudizio collettivo i Rom non hanno caratteristiche devianti per la cultura”.
Marco Brazzoduro, docente di politiche sociali presso la facoltà di scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma, ha approfondito e ripercorso la storia e le origini del popolo Rom, arrivato in Europa dal nord dell’india nel XIV secolo. Brazzoduro ha le differenze e le divisioni etnologiche tra Rom, Sinti, Kalè Manuches, Romanicels e ha rivolto un invito alla corretta percezione del popolo Rom.
“Non sono nomadi da secoli, ma sono costretti a vivere in condizioni degradanti e inumane – ha detto Brazzoduro – ma nessuno ha mai chiesto ai rom se era questa la loro aspettativa di vita. Vivono nei campi, ma è davvero questa la dimensione tipica di questa cultura?”
Rom, popolo di bambini, percepiti come stranieri, spesso lontani dalle aule scolastiche. Ne ha parlato Paolo Ciani, responsabile per Rom e Sinti della Comunità di Sant’Egidio. Dal 2008 la Comunità di Sant’Egidio porta avanti un progetto che punta ad avvicinare i minori rom alla scuola, anche grazie a borse di studio: “Oggi a Roma 110 bambini seguono le lezioni grazie ad altrettante borse di studio: e la percentuale di frequenza delle lezioni è passata dal 50% circa a oltre l’80%, anche grazie alla responsabilizzazione delle famiglie”.
All’incontro era presente anche Matilde Carabellese, dottoranda dell’Università Orientale di Napoli e presidente di Occhio del Riciclone Campania, che ha presentato un’indagine su come i Rom riciclino e riutilizzano i rifiuti, un’attività diventato un vero e proprio business. Uno “smaltimento” utile ai cittadini.
Si è parlato anche della difficile situazione di vita nei campi rom e del problema degli sgomberi. Ad aprire il dibattito la proiezione del documentario di Giorgio De Finis che ha raccontato, con le immagini, lo sgombero del campo Casilino 900. Mons Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma e Luca Cefis, autore del libro “Bambini Ladri” hanno poi sottolineato la difficoltà di trovare soluzioni e alternative per tutte quelle comunità che si sono trovate da un giorno all’altro senza casa e di come i media si interessino all’argomento solo quando, come nelle recenti vicende, avviene una tragedia.
Presenti anche Patrizia Caiffa e Carla Manzocchi, rispettivamente giornaliste dell’agenzia SIR e del giornale Radio Rai, che hanno raccontato le loro esperienze dirette nell’informare su fatti di cronaca e su come molto spesso i giornalisti preferiscono dar voce e spazio alle istituzioni piuttosto che ai Rom coinvolti in prima persona.
“I campi Rom sono illegali, sono uno strumento di segregazione razziale” ha sostenuto Santino Spinelli, docente di Lingua e Cultura Romanì presso l’Università di Chieti. “La comunicazione può aiutare il nostro popolo o distruggerlo – ha proseguito Spinelli – ci chiamano sempre e solo nomadi, zingari, se va bene gitani, e mai popolo romanì. Come se invece di dire italiani si dicesse sempre e solo mafiosi, mandolino, pizza”.
Una giornata tutta dedicata al mondo Rom, anche il buffet. “Vogliamo prendere gli italiani per la gola” dichiarano i cuochi del catering Romano Hapè che hanno proposto i piatti tradizionali della cucina rom.
Nel corso della giornata sono stati proiettati filmati e reportage originali del documentarista Giorgio De Finis e dei giornalisti soci dell’Agsp Martino Villosio, Andrea Bovio e Gabriele Flamma.
A chiudere i lavori il saluto in romanì: But baxt ta sastipè.. Che possiate essere sani e fortunati.