Oltre 100 giornalisti, studenti, operatori dell’informazione per l’ultimo appuntamento di “Newsrom, informare senza pregiudizi”. Un grande successo per l’iniziativa di sensibilizzazione sulle tematiche di rom e sinti.
“Zingari: di regola passano per una razza spregevole” Alla lettera Z dell’Enciclopedia italiana, la Treccani, nel 1949, un anno dopo la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo i rom non sono ancora considerati esseri umani.
E oggi, chi ha paura dei rom? Per un italiano su due la loro presenza diventa emergenza. Un antinomadismo alimentato anche dalla disinformazione. Per informare senza pregiudizi si è svolto a Napoli all’Hotel Mediterraneo (via Ponte di Tappia, 25) il terzo appuntamento di “Newsrom”, iniziativa organizzata dall’Associazione giornalisti scuola di Perugia nell’ambito della campagna Dosta promossa dal Consiglio europeo, coordinata e finanziata dall’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunita’, che conclude a Napoli un percorso partito a Roma lo scorso 23 marzo, con tappa a Milano il 12 maggio.
Ad aprire l’evento, moderato da Dario Moricone, giornalista di Televideo, le parole del Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, che ha espresso la propria vicinanza e apprezzamento per l’iniziativa che Ministero e Unar hanno scelto di sostenere e promuovere.
“Sono convinta che un’efficace lotta alle discriminazioni ed una vera integrazione passino anche attraverso una informazione giusta, di qualità e senza pregiudizi, in una parola sola: “corretta”. Occorre stare molto attenti a come vengono raccontate le vicende, le storie, solitamente di cronaca nera, che riguardano persone, generalmente e sbrigativamente chiamate “zingari”, ma che, innanzitutto, sono uomini e donne che appartengono ad una realtà culturale complessa, diversa dalla nostra, che merita di essere approfondita e compresa”.
Sono considerati “nomadi”, anche se solo una piccola percentuale di loro (40mila su 150mila) vive nei campi. Sono soprattutto bambini. Si dice che non vadano a scuola, uno stereotipo alimentato dall’ignoranza e dall’isolamento, che inizia sui banchi di scuola.
“La pedagogia zingara nasce negli anni Sessanta – spiega Luca Bravi, docente presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università degli Studi di Firenze – non è passato molto tempo da quando c’erano classi per soli rom”.
Fino agli anni Ottanta nelle scuole italiane sono esistite classi differenziate. “La progettazione educativa e sociale rivolta ai rom e ai sinti ha continuato a conservare una visione stereotipata dello “zingaro”. Ha prodotto la ghettizzazione ed il rifiuto del “campo nomadi”, un luogo che la cultura maggioritaria ha edificato per quei soggetti che immaginava stranieri e nomadi. Rom e sinti in realtà sono oggi soprattutto stanziali e per la metà dei 150mila presenti in Italia – lo 0,2 per cento dell’intera popolazione della penisola di cittadinanza italiana”.
Alexandro il Biondino e Carol Faccia da pugile. I due romeni accusati dello stupro del parco romano della Caffarella, poi scoperti innocenti, per giorni sono stati sbattuti in prima pagina. Perché? “Era necessario trovare due colpevoli”, sostiene Bianca Stancanelli, inviato di Panorama. Quali sono i meccanismi della cattiva informazione?
“E’ molto difficile parlare di rom se non attraverso luoghi comuni: ladri, zingari. L’informazione è disposta a occuparsi di rom e sinti solo quando segue lo stereotipo: quando, come si dice nel giornalismo, l’uomo morde il cane, altrimenti non fa notizia. Per i rom è esattamente il contrario: o se ne parla male, o non appare sui giornali”.
Stancanelli ha anche osservato la ricorrenza sui media delle parole rom e nomadi nell’arco di un anno, tra il 2009 e il 2010. “Ho fatto uno studio negli archivi dell’Ansa: in un anno nel notiziario generale si parlava di rom in 289 casi, nel regionale la parola nomadi balzava fuori 904 volte, in pochissimi casi però erano notizie correlati ad episodi positivi. Mentre gli esempi ci sono. Per esempio la storia di Laura Halinovich, giovane regista autrice del film “Io, la mia famiglia rom e Woody Allen”.
Eva Ciuk, documentarista e giornalista della Tgr Rai in Friuli Venezia Giulia ha lavorato su queste tematiche nelle scuole primarie e medie con il progetto “Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?”. Il volume è stato proposto in molti istituti, suscitando domande e riflessioni sulla realtà dei popoli rom e sinti. “Sono stata in Kosovo cinque anni dopo la guerra. Qui è nato il progetto, per raccontare ai bambini attraverso una stessa fiaba con caratteristiche diverse – non c’è il bosco incantato, non c’è il panierino con il buon cibo, non c’è la mantellina rossa – la verità su rom e sinti, spesso misconosciuta”.
Simone D’Antonio di Cittalia – Fondazione Anci, sottolinea che “in Italia esistono profonde differenze e attraverso il lavoro che Cittalia ha realizzato, su impulso dell’ufficio di Bruxelles, sono stati raccolti dati sorprendenti, che rivelano una situazione importante e complessa”.
Gli ultimi casi di cronaca offrono lo spunto per le riflessioni e gli interventi del secondo tempo della conferenza. Si riparte con la costruzione degli stereotipi.
Donatella Trotta, giornalista del Mattino, afferma che “il punto di partenza per costruire una nuova cultura è l’empatia”. E si interroga su come sia possibile, informando, sradicare certe attitudini.
Don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, che sui rom ha un’esperienza ventennale, ci dà la sua testimonianza diretta: “A Napoli il discorso sui rom parte di Ponticelli, in seguito a un presunto tentativo di rapimento di un neonato. Quel giorno Napoli si è svegliata diversa”. Inoltre Don Gino Battaglia fa notare che “in base al rapporto conclusivo di indagine del Senato della Repubblica gli zingari in Italia sono pochi, due terzi vengono dalla ex Jugoslavia, un terzo dalla Romania, tutti gli altri e sono la stragrande maggioranza sono italiani”.
“In Italia esistono i campi ed esistono gli sgomberi, questo è assurdo. Dagli anni ottanta abbiamo alimentato una zona di marginalità grave –aggiunge Don Battaglia – e questo è vero per Napoli ma non solo. La situazione che ne deriva è degenerata. Ad esempio, nei campi sono comparsi traffico di droga e prostituzione, anche maschile, che pima non esistevano e ora alimentata dalla politica degli sgomberi. Il denaro pubblico che è stato speso per questi interventi è ingente e questo impone una riflessione seria. Forse una politica abitativa sarebbe stata più opportuna. Oggi va riscritta una nuova pagina di storia, cancellando il passato. Quello dei rom è un popolo di bambini, questa pagina “nuova” la possiamo ancora scrivere e dobbiamo batterci insieme a loro per farlo”.