Stage. Un momento che il giovane praticante attende come banco di prova delle sue capacità. Per i ragazzi delle scuole di giornalismo entrare finalmente nelle redazioni è l’occasione per scoprire quanto trovino riscontro nella realtà ritmi e metodi di lavoro ai quali si sono abituati a scuola. Messo piede in redazione, tra voglia di fare ed entusiasmo, sorge però un problema: quali compiti possono essere assegnati allo stagista?
A regolare gli stage come momento formativo sono la legge numero 196 del 1997 e il relativo decreto attuativo numero 142 del 1998. La legge, chiamata anche legge Treu dal nome del suo estensore, l’allora ministro del Lavoro Tiziano Treu, si occupa degli stage indipendentemente dal settore in cui opera l’azienda che ospita lo stagista. Secondo la 196/1997, lo stagista dovrà avere un tutor dell’ente promotore, ossia dell’istituto in cui sta studiando, e un tutor aziendale, che gli spiegherà le fasi del lavoro, gli darà un orario e farà una relazione alla fine dello stage. Per il giovane che abbia assolto l’obbligo scolastico, lo stage può durare al massimo dodici mesi e può essere svolto in aziende che abbiano almeno 5 dipendenti. Le strutture che hanno tra i 6 e i 19 dipendenti possono ospitare anche due stagisti, quelle con più di 20 assunti a tempo indeterminato possono accoglierne in numero pari al 10% dei dipendenti. Una volta stipulata la convenzione e assegnato un tutor, lo stagista arriva in azienda, come recita l’art. 18 della Legge Treu, per ”realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro”. Di fatto nulla di quello che farà dovrà e potrà essere usato dall’azienda.
Su questo punto la legge italiana non si discosta affatto da quanto già affermato quattro anni prima dal Protocollo d’intesa del 7 giugno 1993, sottoscritto dalle aziende editoriali, tramite la Fieg, per accordarsi sulla presenza nelle redazioni di praticanti delle scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine. Nel precisare che lo stage non prevede “alcun rapporto giuridico tra l’azienda e l’allievo”, il protocollo afferma che gli stagisti non potranno titolare, impaginare, scrivere articoli o essere inviati a conferenze stampa per conto della testata.
Altro punto di riferimento per sapere cosa lo stagista possa o non possa fare sono gli articoli 17 e 18 del Quadro di indirizzi per il riconoscimento, la regolamentazione e il controllo delle scuole di formazione al giornalismo, approvato il 13 dicembre 2007 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti. L’articolo 17 stabilisce che non si possono svolgere stage nel periodo che va dal 1°luglio al 31 agosto e nelle aziende che “per le quali il ministero del Lavoro abbia dichiarato lo stato di crisi o di ristrutturazione”. Sui limiti imposti alle aziende editoriali in stato di crisi il richiamo è anche al Protocollo di consultazione sindacale, allegato al contratto nazionale di lavoro giornalistico. Vi si specifica infatti che non per tutto il periodo non potranno “procedere all’effettuazione di stages per borsisti allievi nonché ad assunzioni di giornalisti o praticanti” .Sempre l’articolo 17 del Quadro di indirizzi raccomanda poi di controllare che nelle redazioni non avvenga una “utilizzazione impropria degli stagisti”. A chiarire cosa si intenda per “utilizzazione impropria” interviene l’articolo 18, in base al quale gli allievi e praticanti “non potranno in alcun caso sostituirsi a un giornalista per qualsiasi motivo assente o coprire vuoti d’organico […] possono firmare o andare in voce o in video soltanto eccezionalmente e sotto la diretta responsabilità del direttore della testata”
Valeria Radiconcini